Martinetti e i Sofisti
“Uno degli effetti più immediati della coltura è quello di affinare la chiaroveggenza dello spirito, di rendere possibile quella visione netta, chiara e profonda delle cose della vita, anche nelle loro più delicate sfumature, che è uno dei caratteri ai quali riconosciamo senz'altro la persona intellettualmente superiore. Ora, questa chiaroveggenza è un dono dello spirito che rende subito impossibile, ridicola, repugnante quella piaga della nostra vita sociale che è la retorica. La retorica è l'effetto e il segno visibile della superficialità e grossolanità dello spirito: là dove fiorisce, è il sintomo di una civiltà in decadenza. Non è necessario che io vi richiami alla mente quanta parte ha purtroppo la retorica nelle nostre chiese, nei nostri comizi politici, nella stessa nostra vita accademica, e quanta sia l'influenza che essa ha non soltanto sul pubblico meno colto e meno intelligente, ma anche su quella parte che è considerata come la classe colta della nazione. Questo è un giudizio molto significativo sul vero grado della sua cultura: se la retorica è la forma plebea dell'eloquenza, ciò vuol dire che la nostra borghesia è in gran parte ancora plebe”.
Nel frammento riportato, Martinetti critica l’ uso ridicolo della retorica attaccando i politici del suo tempo. Alcuni Sofisti, filosofi greci del V secolo a. C, si servivano della retorica per elaborare un linguaggio propagandistico utile a raggiungere un obiettivo specifico. Per loro infatti non era importante l’accesso alla paideia ( cultura generale ), ma soltanto un uso virtuoso e fine a se stesso delle parole. In sostanza, questo uso della retorica è un esercizio di stile finalizzato a sostenere simultaneamente tesi opposte tra loro o lontane dal senso comune per puro interesse. Ciò poteva distrarre dalla ricerca della verità e condurre nel vortice di un pericoloso relativismo valoriale.