Martinetti e Kant

Egli dice: non farti servo di nessuno! E questo vuol dire: non subordinare la tua coscienza ai tuoi timori ed alle speranze della vita inferiore: non avvilire la tua personalità piegandola servilmente davanti ad altri uomini! Soltanto chi sente in sé l’esigenza di questa dignità morale,di questa fierezza inflessibile, è un uomo nel vero senso della parola: il resto è gregge nato a servire.

Nella  cerca di determinare quali siano le modalità attraverso cui l’uomo definisce i concetti di bene e di male, su cui basare poi la propria azione morale. La ragione è in grado da sola di determinare ciò che è bene e ciò che è male? O si lascia influenzare da moventi esterni? Questi gli elementi su cui il filosofo tedesco riflette. 

La conclusione a cui giunge è che la ragione sia in grado di autodeterminarsi in ambito morale,  dando origine a un’etica autonoma condivisibile da tutti gli uomini. In questo quadro ogni individuo è portatore di una propria dignità ontologica che non deve essere mai messa in discussione, come recita la seconda formulazione dell’imperativo categorico: 

“ Agisci in modo da trattare l’umanità, sia nella tua persona sia in quella di ogni altro, sempre anche come fine e mai semplicemente come mezzo”.

Allo stesso modo Martinetti sostiene  che l’uomo non debba farsi schiavo di altri uomini, rinunciando alla propria dignità, né diventare il  mezzo che altri uomini usano per raggiungere un proprio fine. Soltanto chi segue l’imperativo categorico  può essere considerato pienamente un uomo e trovare la forza di non essere “gregge nato per servire”