Martinetti e la Giustizia Riparativa
“Per quanto si ripeta oggi a sazietà, sulla falsariga di teorie antiquate, che lo stato è forza, vero è invece che l'essenza dello stato è la giustizia: dove non è giustizia, non vi è stato, ma barbarie. E la giustizia non è un essere mitologico che si libri sulle nostre teste: la giustizia dello stato è fondata e risiede nell'energia morale dei suoi cittadini. Ora, dove sono oggi, io chiedo, il culto della giustizia, il senso della dignità morale, l'attaccamento inviolabile alle leggi della coscienza? Di due punti io sono intimamente persuaso: in primo luogo che sopra tutte le cose l'Italia ha bisogno d'un energico rinnovamento morale; e in secondo luogo che questo, se verrà, verrà dai giovani e da nessun'altra parte.”
Martinetti sosteneva che la giustizia dello Stato si fonda sull’energia morale dei cittadini, in un’Italia che aveva bisogno di un “energico rinnovamento morale”.
Anche l’esperienza nota come giustizia riparativa si fonda su uno slancio morale energico, anzi per alcuni rivoluzionario, poiché elabora un’idea di giustizia secondo la quale alla imprescindibile funzione punitiva se ne può affiancare una emendativa, sovvertendo “l’idea tradizionale secondo cui al male inferto (con il reato) debba corrispondere necessariamente ed esclusivamente un male sofferto (dal suo autore). Dare al conflitto una soluzione riparativa significa, invece, opporre al male commesso il bene proposto dal reo alla vittima o alla collettività, responsabilizzandolo e consentendone la prima e più efficace testimonianza di condivisione e di partecipazione sociale” (S. Anastasìa e L. Manconi, postfazione a “Il libro dell’incontro”, a cura di G. Bertagna, A. Ceretti, C. Mazzuccato, Il Saggiatore, 2015).
Il libro da cui è tratta la citazione è il frutto di un percorso che ha avvicinato, mettendoli a confronto per libera scelta, le vittime e i responsabili della lotta armata in Italia, e che ha dato luogo a incontri pubblici cui il nostro Istituto ha partecipato.
Tali esperienze sono attive da tempo, non solo naturalmente nell’ambito appena ricordato, e si sono diffuse in vari paesi del mondo perché se ne riconoscono l’efficacia etica, la profondità culturale e il valore giuridico. Sono sempre percorsi problematici, irti di difficoltà, che però, come tutti i viaggi in alto mare, hanno l’orizzonte aperto a più ampie e proficue forme di convivenza.
Il tema è complesso e non può essere sviluppato in questa sede, ma si può sottolineare come queste esperienze siano sostenute sia dall’elaborazione intellettuale di grandi giuristi (si possono citare, come esempio, la definizione di diritto mite coniata da Gustavo Zagrebelsky nell’omonimo saggio del 1992, o i ragionamenti sul concetto di conciliazione presenti nel recente libro “La giustizia come professione” dello stesso studioso), sia da inquadramenti legislativi italiani (la cosiddetta riforma Cartabia del 2021), europei (ad esempio la Direttiva UE 29 del 2012), extraeuropei (la legislazione del Sud Africa post apartheid).